domenica, aprile 30, 2006

Rain Fall Down

Manuale di sopravvivenza. Ma come cazzo m'è venuto in mente di chiamare così 'sto blog. Troppo impegnativo.
Vabbè, ricorderò il 28 aprile come strascico del 25 dello stesso mese, e qui da noi dovrebbe ancora significare qualcosa. Liberiamoci da noi stessi, o almeno dalla parte carognosa che ci accompagna. Per gioco di parole: liberiamoci dalla compagna carognosa.

Qui il cielo piscia e con lo stato d'animo in condizioni normali si protrebbe anche dire che è un fine settimana triste. E allora?
In realtà che piova o tiri vento non ce ne può fregare di meno. Ogni volta che alziamo gli occhi fuori di noi, andiamo (chi più chi meno) a leggere il nostro stato d'animo, magari caricando anche un +2 di merda, sulle condizioni generale. Tanto per non farci mancare niente.

Si eviti di far partire una filippica sul ma_se_c'è_sole_è_più_bello. Puttanate.
Se c'è sole e ti senti down son cazzi amarissimi, perché si affaccia la sindrome della cornice: l'immagine di una merda non potrà avvantaggiarsi di una cornice dorata, anzi.
Di nuovo: e allora?
E allora bisogna lavorare sull'immagine, non sulla cornice. Il nostro più stupido e immotivato stato d'animo positivo non ha bisogno di cornici per essere positivo.

Normalmente, dimostriamo una perversa tendenza a considerare acquisito tutto ciò che abbiamo fatto, costruito, ottenuto sino a ieri, tanto da poterci esibire in lamenti e pianti, anche per il solo fatto di non essere oggi in condizioni di aggiungere qualcosa di nuovo, something more. Masochistico.
Se abbiamo camminato per centinaia o migliaia di miglia (ognuno se la veda con la sua età e con le esperienze fatte) o abbiamo sbagliato completamente strada (difficile, e comunque si può immediatamente iniziarne una nuova), oppure sarebbe il caso di imparare a valutare quotidianamente dove siamo arrivati.
Sicuramente di stronzate (= miglia inutilmente percorse) ne abbiamo fatte tante, ma di solito mai quante servono per annullare l'intero percorso. Controlliamo sulla nostra carta Tabacco e rendiamocene conto. Se non ci sta bene essere giunti some ci troviamo, cambiamo itinerario. Se la nostra destinazione è confermata, cerchiamo il sentiero migliore (non dico il più breve!).
Ma evitiamo di star li fermi a denunciare la nostra scomparsa a Chi_l'ha_visto?, che poi si corre anche il rischio che ti trovino….

Lo so bene che non è facile. Ma chi cazzo ci ha mai garantito che vivere fosse diverso da com'è?
In fondo, anche ci fossimo persi nel nostro metaforico viaggio, rendiamoci conto che il punto, il luogo in cui ci troviamo non è per forza brutto o il peggiore.
Che siano i nostri occhi costantemente offuscati dalle stronzate a non vedere bene dove ci troviamo e dove stiamo andando?

E ora vorrei smettere di produrmi in queste filosofie della domenica, per potermi godere un paio d'ore di umidità e di grigiore primaverile.
Qualcosa che scaldi l'animo? Caffè bollente, grazie.

Canzone suggerita: Rain Fall Down - The Rolling Stones

;-)

sabato, aprile 29, 2006

Fabio, in culo alla balena

Scrive Fabio (e fotografa, pure bene) dagli States. Buon viaggio e che ti capiti di camminare guardando avanti.
Continuare a ribollire tra rancori e questioni che stanno al di qua dell'oceano... non ne vale la pena (vedi il mio commento al tuo post).

Hai a disposizione una occasione di vita. La vuoi impiegare per romperti le balle come avresti potuto benissimo fare da qui? Oppure c'è modo - hai voglia di imprimere una svolta?
Stacca il culo dalla pozza di lacrime e datti una mossa, tanto a piangere siamo tutti sempre in tempo.
Il tuo blog è
"La mia vita a Central Park" e non "Facciamoci del male a Cerneglons". Vorrà pur dire qualcosa.

Nessuno pensa che modificare le orbite sia una questione semplice, ma almeno vale la pena di tentare.
In culo alla balena.